Autor de Correspondencia. E-mail: ashrnaner3@hotmail.com
Negli ultimi anni il tema della fede “di” Gesù ha suscitato un grande interesse nella teologia sistematica. In questo breve studio saranno trattate le posizioni di due grandi teologi cattolici del XX secolo sulla questione della “fede di Gesù”: quella del teologo italo-tedesco R. Guardini (1885-1968) e quella del teologo svizzero H. U. von Balthasar (1905-1985). Il presente articolo avrà, perciò, la struttura seguente: (1) Il dato biblico sulla fede di Gesù; (2) la fede di Gesù, la sua obbedienza e la sua solitudine secondo R. Guardini; (3) la fides Christi secondo H. U. von Balthasar. (4) Una breve conclusione.
During the past years, “Jesus’ faith” has been a matter of interest to Sistematic Theology. This article analyzes the thought of two of the most recognized Catholic theologians of the twentieth century on this question: the Italian- German R. Guardini (1885-1968) and the Swiss H. U. von Balthasar (1905-1985). Its structure will then be the following: (1) Biblical data on the faith of Jesus; (2) the faith of Jesus, his obedience and his loneliness according to R. Guardini; (3) the fides Christi according to H. U. von Balthasar; (4) a brief conclusion.
Questa “fede del Figlio di Dio” [Gal 2,20] è certamente la fede dell’Apostolo
delle genti in Gesù, ma suppone anche l’affidabilità di Gesù, che si fonda, sì, nel suo amore fino alla morte, ma anche nel suo essere Figlio di Dio […].
Nella fede, Cristo non è soltanto Colui in cui crediamo, la manifestazione mas-
sima dell’amore di Dio, ma anche Colui al quale ci uniamo per poter credere. La fede, non solo guarda a Gesù, ma guarda dal punto di vista di Gesù, con i suoi occhi: è una partecipazione al suo modo di vedere.
In tutta la storia del cristianesimo, si è parlato sempre e principalmente della fede “in” Gesù (Gesù il Cristo come “oggetto” della fede dei cristiani), ma negli ultimi anni il tema della fede “di” Gesù (Gesù come “soggetto” della fede) ha suscitato un grande interesse nella teologia sistematica. In questo breve studio saranno trattate le posizioni di due grandi teologi cattolici del XX secolo sulla questione della “fede di Gesù”: quella del teologo italo-tedesco R. Guardini (1885-1968)
Per meglio comprendere le prese di posizione di R. Guardini e di H. U. von Balthasar sulla tematica della fede di Gesù, conviene partire dal dato biblico, in quan- to sembra essere il fondamento principale sul quale si basano tanto Guardini quanto von Balthasar per affrontare il tema della fede di Gesù e della sua obbedienza. Una volta fatto ciò, si presenta brevemente il pensiero guardiniano sul tema; ed infine, si analizza la tesi proposta da H. U. von Balthasar sulla
Definire il “credere” o la “fede” è un compito complesso, perché il mistero della fede non si lascia rinchiudere in una definizione precisa che esprima sufficientemente la sua natura
Innanzitutto, la terminologia veterotestamentaria fa vedere la fede nelle sue dimensioni di fiducia, conoscenza e obbedienza, in quanto la radice fondamentale (’
La varietà della terminologia dell’Antico Testamento, poi, si concentra in un unico termine, frequentissimo, del Nuovo Testamento, ovvero il verbo
In questo senso, lo studio del vocabolario biblico rivela che la fede ha due poli: la fiducia che si dirige a una persona “fedele” e che implica l’uomo intero (credere in qualcuno); e il processo della intelligenza (credere in qualcosa). In altri termini, il Nuovo Testamento parla della
In definitiva, se nell’Antico Testamento, parlando della fede, si evidenza più l’aspetto della fiducia, nel Nuovo Testamento si esalta più l’aspetto di assenso al messaggio cristiano. La fede deve, comunque, avere tre elementi fondamentali, senza i quali non c’è una fede vera: obbedienza (ascoltare), fiducia (abbandonarsi) e fedeltà (accogliere un impegno). La fede, pertanto, si realizza nell’obbedienza, si vive e si mantiene nella fiducia e nella fedeltà, e si manifesta nell’amore operativo. L’incredulità (
Il Nuovo Testamento parla chiaramente, inoltre, del credere e della fede “in Gesù”. Credere “in Gesù” è una cosa propria dei suoi discepoli; e la fede in lui unisce i suoi discepoli con Lui e tra di loro, facendo condividere loro il segreto della sua persona. In quest’ottica, la fede in lui e nella sua parola è, già nella vita terrena di Gesù, il vincolo più prezioso per i suoi discepoli (la comunità dei poveri di YHWH). Quando Gesù, il servo, arriva a Gerusalemme per obbedire fino alla morte (cfr. Flp 2,7s.), con la sua morte e risurrezione, porta alla “perfezione” la fede (cfr. Eb 12,2) dei poveri, mostrando una fiducia assoluta in colui che poteva, mediante la risurrezione, “salvarlo della morte” (cfr. Eb 5,7). Grazie all’evento pasquale, dunque, la fede dei discepoli di Gesù fa un passo decisivo per arrivare ad essere la fede della Chiesa. Mediante la fede pasquale, infatti, i discepoli, testimoni di ciò che ha fatto e detto Gesù (cfr. 1Gv 1,1-4), proclamano quest’ultimo come “Signore e Cristo” (cfr. Atti 10,39); e la loro fede in Lui diventa capace di andare “fino al sangue” (cfr. Eb 12,4).
Da tutto ciò risulta che credere, per il Nuovo Testamento, è, innanzitutto, accogliere questa predicazione dei testimoni (il vangelo e la parola), confessando che Gesù è il Cristo, il Signore (cfr. 1Cor 12,3; Rm 10, 9; 1Gv 2,22). La fede “in Gesù”, morto e risorto, che è un dono divino, è la sorgente della salvezza (cfr. Mc 5,34; Lc 8,48) e della vita eterna (cfr. Gv 6,47); tale fede è necessaria per la salvezza (cfr. Gv 3,18.36) e per entrare a fare parte del regno di Dio (cfr. Mc 1,15).
La fede della quale parla il Nuovo Testamento, in somma, è fondamentalmente la fede “in Gesù”, il Figlio di Dio divenuto uomo, crocifisso e risorto; e credere in Dio ed in Gesù è la stessa cosa, poiché Gesù e il Padre sono uno (cfr. Gv 12,44; 10,30; 17,21). L’oggetto della fede neotestamentaria è, quindi, Gesù Cristo, in quanto Egli è la “luce” (cfr. Gv 12, 16.36), il “YHWH-Io sono” o Dio (cfr. Gv 13,19; 8,24), il “Signore” (cfr. 1Cor 12,3), il “Figlio” del Padre (cfr. Gv 14,10-11; 10,1), il “Messia” (cfr. Mt 11,27; Mc 9,6; Gv 20, 31), il “morto-risorto” (cfr. 1Cor 15)… etc. Il Vangelo di Gesù Cristo consiste propriamente nel credere (in Lui) ed amare (gli uni gli altri), come dice (1Gv 3,23). Dio è certamente la fonte della fede; Egli si serve, però, di cause seconde per portare l’uomo alla fede nel suo Figlio, Gesù Cristo: i miracoli (cfr. Gv 10,38; 11, 47-48), la testimonianza (cfr. Gv 1,7; 8,18; 12,17; 15,26; 19,35) e la parola (cfr. Gv 15,47; Rm 10,17)
Ora, le domande che sorgono sono le seguenti: parla il Nuovo Testamento, non solo della fede “in” Gesù, ma anche della fede “di” Gesù? Gesù stesso aveva fede o richiedeva soltanto la fede in Lui, come lo richiedeva per il suo Padre? Come si è visto, tanto l’Antico Testamento quanto il Nuovo Testamento parlano chiaramente del Dio fedele alla sua parola (cfr. Dt 7,9; 1Tes 5,24); e tale Dio fedele darà la corona della vita alla persona fedele fino alla morte (cfr. Ap 2,10). La
Gesù Cristo è, poi, la fedeltà stessa e il suo nome è “il fedele” (cfr. Ap 19,11). Egli è fedele davanti Dio (cfr. Eb 2,17) e davanti agli uomini (cfr. 2Tim 2,13). Nella Bibbia, tanto nell’ Antico Testamento come nel Nuovo Testamento, si trovano, inoltre, tanti altri modelli di fede: Israele (“il popolo della fede” grazie all’alleanza, all’elezione e alla promessa); i testimoni dell’Antico Testamento (“gli uomini della fede” [cfr. Eb 12]); Abramo (“il padre della fede” e il “paradigma del credente”); Maria Vergine (“la credente”); i poveri e i piccoli; i discepoli… etc.; ed anche, e fondamentalmente, Gesù Cristo. Secondo E. Martín Nieto, si potrebbe sostenere biblicamente che Gesù è “il credente”
Gesù Cristo è, senza dubbio, il grande modello, l’unico, della fede. Possiamo
definirlo come “Il Credente”, con l’articolo e con la maiuscola, l’incomparabile paradigma della fede. Crede nel suo Padre, si fida di lui, lo ascolta e gli obbedisce (Gv 15,15), compie i suoi comandamenti e rimane nel suo amore (Gv 15,15).
Fa sempre quello che gli [al Padre] fa piacere (Gv 8,29). Ha manifestato la sua obbedienza assoluta al Padre
accettando la morte, ha sopportato la croce
assumendo coraggiosamente la ignominia (Eb
12,2) e mettendosi, alla fine, fiduciosamente nelle sue mani (Lc 23,46).
La fede è uno dei temi centrali nel pensiero di Guardini, al quale ha dedicato tante riflessioni
La fede, poi, significa stabilire un ponte con la realtà divina, ed abbracciare tale realtà e vivere di essa. E ciò vuol dire una trasposizione e trasformazione della propria esistenza nella direzione di quella realtà, partendo da essa stessa; e che quella realtà viene dall’alto, e ciò che c’è nell’uomo viene dal basso, che spesso fa resistenza a tale realtà. La fede indica sempre, quindi, una lotta rinnovata dalla fede, una tensione, una prova ed una costanza fino a raggiungere nuovamente una sicurezza ed a passare sempre di nuovo dalla
Il nostro autore rifiuta, insomma, ogni teoria che afferma che Gesù, uomo come noi, abbia cercato la sua salvezza; e che la sua vita abbia la stessa direzione come la nostra: dall’umano a Dio. In quel caso, sì, di conseguenza, Egli sarebbe anche un credente; e avrebbe istituito formalmente l’atteggiamento credente del cristiano e avrebbe dato l’esempio di esso. Ora, nonostante la sua consapevolezza del fatto che tale teoria ha qualcosa di grande, ovvero essa prende sul serio ciò che è cristiano, il nostro autore osserva che in questa teoria-concezione, non si dà una redenzione reale, e con ciò cade il più profondo del cristianesimo: Gesù è il redentore, il mediatore
In Gesù Cristo, afferma Guardini, non si trova la ricerca religiosa, come commozione nell’incontro col sacro, come conversione e cambiamento di vita. Dal centro del suo essere, invece, proviene qualcosa del tutto singolare, ossia la realtà di “Dio”. Il Dio di cui parla l’Antico Testamento è presente in lui. In questo senso, il nostro autore preferisce parlare di un’“obbedienza” piuttosto che di una “fede” di Gesù. Gesù il Cristo, perciò, non crede, ma rende possibile il credere. Egli non prova il sentimento religioso, ma lo accende, lo suscita. Il suo atteggiamento verso Dio è diverso da quello degli uomini; Egli, cioè, non tende come gli uomini verso Dio, Padre e creatore di tutti, ma rende possibile la realtà che il volto del Padre appaia e si manifesti ad essi, facendoli così entrare in dialogo con Dio
La fede non è un atto qualsiasi, ma è da parte dell’uomo la risposta alla venuta del Regno di Dio.
Così la fede intesa bene è il contenuto stesso dell’invito fatto da Gesù. Egli
però in persona non ha la “fede”. Per lui la parola è senza oggetto. Egli non è là dove si crede, è la dove la fede si dirige. Più esattamente: Egli rende possibile la fede.
Tutti gli uomini sono chiamati a credere nel Dio di Gesù Cristo, ma “Cristo
stesso non ‘crede’”. Egli esiste come colui che è, ovvero il Figlio di Dio. Credere significa avere parte a ciò che Cristo è, non nel credere, ma nell’essere
L’obbedienza di Gesù come tale è pari al comando che Egli riceve. Essa non proviene dal rapporto di una persona più debole di fronte ad una più forte, o dal confronto della realtà di fatto con la norma; ma essa, proprio come obbedienza,
è altrettanto forte e altrettanto
valida quanto al comando. L’obbedienza
di Gesù è il
bene che viene eseguito, come l’ordine del Padre è il bene che
viene comandato; nel più intimo sono una cosa sola.
In questo contesto, dunque, la questione della “volontà del Padre” e della “libertà di Gesù”, in riferimento all’obbedienza di Gesù nel pensiero guardiniano, merita di essere trattata un po’ da vicino. Innanzitutto, Guardini dice che il cammino del desti- no di Gesù e del modo in cui Egli porta a compimento la sua missione non si possono ricondurre a “motivi”, dal momento che l’ultimo “perché” viene dall’insondabilità di ciò che Egli chiama esplicitamente “volontà del Padre”
La volontà del Padre è, in ultima analisi, l’amore del Padre. Essa eleva Gesù all’intimità amorosa con Dio. Questa volontà, che di ora in ora si realizza in precetti, è l’amore dello Spirito Santo. Di volta in volta, da essa scaturisce ciò che Gesù fa
A questo punto, però, ci si può giustamente interrogare sulla libertà di Gesù e sulla sua posizione davanti alla volontà del Padre. Al riguardo, il nostro autore sostiene che quel che richiede la volontà del Padre è ciò che la volontà del Figlio desidera realizzare liberamente. In effetti, “ciò che si esige da questo cuore (di Gesù), è al tempo stesso ciò cui aspira da tutte le radici del suo essere, e in cui si trova il suo più limpido adempimento”
A proposito della libertà di Gesù, Guardini, quindi, ritiene che Egli è perfettamente libero. Egli è libero da tutte le brame, da ogni paura per il possesso o il vitto, da qualsiasi risentimento, sia pure il più occulto, contro ciò di cui non gode. In lui, di fatto, la libertà è del tutto naturale
In sintesi, Gesù di Nazareth non crede, ma obbedisce e vive dal di dentro la realtà di Dio. Egli non cerca, non discute e non dubita; afferma come colui che sa. Perciò, paternità e provvidenza di Dio non sono oggetto di problema, ma di rivelazione.
Egli non esamina né analizza, ma “annunzia qualcosa che ancora non c’è ma che però deve realizzarsi, cioè il regno di Dio”
Per raggiungere una visione profonda dell’interiorità di Gesù, si deve, in ultima analisi, partire dal significato della “volontà” del Dio-Padre nella sua vita e dalla sua attenzione fedele a tale volontà; poiché propriamente in questo si discopre il vincolo tra obbedienza ed autenticità personale. Tutta la vita del Signore è, infatti, una vita guidata dalla volontà del Padre nello Spirito; e giustamente per non fare la sua propria volontà, ma quella del Padre, Gesù compie anche la sua volontà. La volontà del Padre è l’amore del Padre; è lui stesso. Nella sua volontà, il Padre viene a Gesù. Il suo chiamare, il suo comandare ed il suo esigere, è un venire. E nell’accettazione di tale volontà e tale venire, Gesù riceve il Padre stesso. In definitiva, se si parte dalla volontà del Padre, ci si può avvicinare adeguatamente all’interiorità di Gesù, alla sua obbedienza ed alla sua libertà, e percepire anche un eterno dialogo intimo ed una armonia perfetta tra il Padre ed il Figlio pienamente umanizzato nel loro Spirito
In relazione alla questione della psicologia di Gesù in generale
Per comprendere bene, poi, la solitudine di Gesù, si deve tenere presente lo svolgimento della missione e della vicenda di Gesù. Attorno a Gesù, infatti, si trovava uno spazio ininterrotto di solitudine estrema a causa dell’incomprensione da parte degli uomini della sua persona e della sua missione. Nessuno lo capiva fra quanti gli stavano accanto
In realtà, la solitudine, per così dire, ha accompagnato Gesù nell’intera sua esistenza. Da quando Egli era un fanciullo
Da notare che il nostro autore non parla di un preciso periodo in cui Cristo ha vissuto la sua solitudine estrema, ma dice che tutta la sua vita-esistenza è stata attraversata da tale realtà. Nell’ora della sua morte, però, Egli ha sperimentato tale solitudine in modo del tutto singolare. Egli si pone interamente nell’“ora” ed era “totalmente nella solitudine estrema, con il peccato che gli è stato addossato, al cospetto della giustizia di Dio”
Per rispondere a tale questione, si deve evidenziare un altro aspetto della solitudine di Gesù sottolineato da Guardini, ovvero che essa non è causata soltanto dal fatto della non comprensione da parte degli uomini, ma che è anche legata alla sua coscienza. Egli conosce la perdizione del mondo, grazie alla sua conoscenza e alla sua relazione con il Padre. “Onde la spaventosa chiarezza di tale sapere.
Onde anche la sua infinita solitudine. È realmente il veggente tra ciechi, colui che ha sensibilità tra ottusi, chi è libero e nell’ordine tra confusi”
La solitudine di Gesù, in ultima analisi, è “la solitudine di Dio nel mondo che gli appartiene ma che non l’ha voluto accogliere”
In definitiva, è proprio in nome della sublime solitudine del Signore che Guardini respinge una psicologia vera e propria di Gesù Cristo
...pur nella sua semplicità, vien
da dire ovvietà, mostra ancora una volta
la straordinaria ricchezza dell’umanità guardiniana, la penetrante finezza con cui
egli indaga e descrive, facendo
emergere dal soggetto trattato, oltre che dall’applicazione ad esso del proprio pensiero, le note di uno dei più accattivanti
e consistenti ritratti cristologici.
Per parlare della
Von Balthasar, come è ben noto, ha dedicato un saggio teologico alla questione della
In quest’ottica, la fede della nuova alleanza consuma quella dell’antica alleanza. D’altronde, per l’uomo dell’Antico Testamento, era la stessa cosa dire credere a Dio o credere alla sua parola, al suo comandamento, alla sua promessa. E per il fatto che, nel Nuovo Testamento, la Parola stessa di Dio si è fatta carne, l’accettazione da parte del credente di questa nuova ed ultima rivelazione divina non è, allora, una mutazione della stessa fede, ma è semplicemente la stessa. Si può dire, in ultima analisi, che si tratta della logica della continuità-novità, in quanto è lo stesso Dio creatore, rivelatore e salvatore, che si auto-manifesta in realtà nuova e sorprendente. Davanti a questo evento in cui il Verbo si fa carne assumendo una vera umanità, gli uomini possono credere ai annunciatori (cfr. 1Ts 2,13) della nuova alleanza (il
Inoltre, von Balthasar aveva cominciato il suo saggio sulla
Per lui, infatti, non è possibile che l’uomo perfetto davanti a Dio, Gesù Cristo, sia messo a confronto, con leggerezza, al compimento del vero atteggiamento dell’uomo davanti a Dio, tale come si era formato nel corso dell’Antico Testamento. Da una parte, in effetti, facendo riferimento a R. Guardini
Questi non opera unicamente in maniera causale ciò che è stato consumato, ma lo vive lui prima, in maniera esemplare e, dopo aver ricevuto da Dio la forza redentrice, imprime in noi il suo modello vissuto
La tesi balthasariana, presentata sopra in forma breve, può essere riassunta, in ultima analisi, in una duplice presa di posizione di fronte alla
In continuazione con tutto ciò, e per chiarire bene la sua prospettiva, von Balthasar sostiene innanzitutto che il Nuovo Testamento non stabilisce nessun termine definitivo per designare l’atteggiamento centrale del Figlio dell’uomo nei confronti di Dio
Pur avendo una perfezione suprema, umano-divina, la fede di Gesù, secondo il Nuovo Testamento, ha gli stessi elementi della fede veterotestamentaria (la fedeltà di tutto il Figlio dell’uomo al Padre e la fedeltà donata una volta per sempre e realizzata di nuovo in ogni momento del tempo). In realtà, il riferimento di tutto ciò che il Figlio è, fa e dice, al Padre e alla sua volontà è un dato chiaro nel Vangelo
La grande affermazione sulla fede di Gesù, invece, si trova nella lettera agli Ebrei dove si dice che i cristiani devono tener fisso lo sguardo
Il Nuovo Testamento, inoltre, usa una duplice formula in cui appare la parola “fede” in rapporto a Gesù: “fede di Gesù” (cfr. Gal 2,16.20; 3,22; Ef 3,12; Flp 3,9; Rm 3,22.26) e “fede in Gesù” (cfr. Gal 3,25; 5,6; Col 1,4; 2,5; Ef 1,15; 1Tm 1,14; 3,13; 2Tm 1,13; 3,15). Al riguardo, la questione da risolvere è la seguente: Qual è il senso di tale duplice formula? Si tratta di un “genitivo oggettivo” o di un “genitivo soggettivo”?
Confrontandosi con tale questione, e facendo riferimento a J. Haussleitner, Gottfr. Kittel e A. Deissmann, von Balthasar afferma che il genitivo della formula “fede di Gesù” non può essere interpretato semplicemente né come un
In definitiva, la “fede di Gesù” non è solo la fede che Cristo ha, neanche solo la fede che Cristo dona, ma piuttosto la fede che Egli stesso è. E tale fede è il fondamen- to di ogni vita di fede esistente nella storia. Tutto ciò, poi, dipende dall’unità di Cristo (l’unione ipostatica): solo per essere Dio, Cristo può convertire in principio per tutti quello che Egli stesso ha vissuto e sperimentato come morte e risurrezione; tuttavia, solo per essere uomo, poteva Cristo vivere ed esperimentare quello che è stato trasformato successivamente in principio, e si chiamerà negli altri uomini fede cristiana. Tale fede cristiana viene determinata, così, in maniera inseparabile ed egualmente chiara in un duplice atteggiamento: l’atteggiamento del Figlio nei confronti del Padre (in cui si consuma la fede di Abramo) e l’atteggiamento del Padre verso il Figlio, il quale è grazia per il mondo nella misura in cui converte l’atteggiamento del Figlio nel principio metafisico di ogni atteggiamento verso Dio. In quest’ottica, la fede paolina implica necessariamente entrambi i poli: il Gesù storico e il Cristo della fede della comunità, ovvero implica la
In proposito della tematica in questione, ed in dialogo con il Nuovo Testamento, con la patristica e con la teologia posteriore, von Balthasar discute tanti altri aspetti importanti: la obbedienza di Gesù, la sua forma agonale o la sua lotta della fede, la relazione tra la sua fede e la sua risurrezione
Stando così le cose, Cristo può, come uomo perfetto, rispondere con una fede in Dio che fonda in se stessa, in maniera archetipica, tutta la fede dell’umanità; e in questo modo la fede di Gesù è l’alleanza personificata dell’umanità con Dio. Gesù Cristo è, infatti, quest’alleanza essenzialmente come “fede” nel senso integrale e come “principio metafisico” (Lohmeyer). In definitiva, il credente prende direttamente, nella fede, la fides Ecclesiae e la
Ora, secondo J. A. Sayés, nonostante la tesi balthasariana tratta un tema che negli ulti- mi anni ha suscitato grande interesse nella teologia, risulta, in ultima analisi, sospetta e provoca tanti interrogativi. Partendo dalla divinità di Gesù Cristo
e dalla difficoltà di conciliare tra la visione (di Dio) e la fede (in Dio), Sayes pone in discussione la tesi balthasariana
Il tema della fede di Cristo è un tema di grande importanza nel quale si gioca
l’identità stessa della fede cristiana: dire che “Dio mi salva perché ha convertito
in principio di salvezza l’atteggiamento di fede del suo Figlio”, non è lo stesso che dire “ciò che mi salva è la fede in Cristo”. Questa è la specificità del cristianesimo nei confronti di tutte le altre religioni,
compresa quella giudaica. Se Cristo è Dio, allora non può credere in Dio, perché questo sarebbe credere in se stesso. Se
Cristo è il
rivelatore del Padre in quanto il Figlio unico ed eterno, con cui condivide la stessa natura
divina, allora non può credere in Dio. Non
si può vedere Dio Padre nel seno della Trinità e credere in Lui. Sarebbe necessario introdurre in Cristo due soggetti per fare sì che questo fosse possibile: un soggetto
divino e un soggetto umano.
A giudizio di Sayés, poi, ci sono tre fondamentali obiezioni contro la tesi baltha-
sariana: il fondamento biblico, i testi che parlano della fede di Gesù e la relazione tra l’ontologia di Gesù
e la sua
psicologia. Come prima obiezione, si
deve
riconoscere che nella Scrittura, eccetto il testo di (Eb 12,2), non solo non esiste un testo che dica che
Gesù
crede,
anzi in
essa Cristo esige
per se
stesso la fede che esige
per il
Padre. Il
testo di (Eb 12,2),
poi, deve essere inteso non nel senso di una fede
soggettiva di Cristo, ma come iniziatore e consumatore della nostra fede grazie alla sua incarnazione
e risurrezione. A proposito della seconda obiezione, inoltre, i testi che parlano della fede di Gesù non indicano Cristo come soggetto, bensì come termine della nostra fede
in Cristo (in dativo). In
altre parole, la fede di Gesù
non è un atto di Cristo,
ma un atto di colui che crede in Cristo, poiché il soggetto di tali testi non è Gesù, ma l’uomo che crede in Lui. Con l’ultima obiezione, la relazione tra l’ontologia di Gesù e la sua
psicologia, si vuole dire che l’unica prospettiva valida è quella che presenta il Verbo come soggetto della visione del Padre (nella natura divina) e questo stesso Verbo come testimone in parole umane, testimone nella sua umanità. Mentre l’umanità di Cristo è una umanità in
In realtà, la questione della
Il segreto ultimo –o piuttosto il mistero– di Gesù consiste
essenzialmente nel suo rapporto con Dio.
Nella sua preghiera Egli lo
chiama “Abba”: parola che in aramaico significa “Padre” con una sfumatura di familiarità (cfr. Mc 11,36 ecc.). Nella medesima frase Egli si attribuisce il nome di “Figlio” in cui afferma che solo il Padre conosce il giorno del Giudizio, escludendo gli Angeli e il Figlio stesso (Mc 13,32) […]. Questo è il segreto intimo in cui trovano la loro origine tutti i comportamenti di Gesù, oppure, per esprimersi in altri termini, la
È possibile sostenere, dunque, che, per il fatto che non abbiamo tanti testi chiari
in riferimento alla questione della fede di Gesù (Gesù come “soggetto”
della fede), sarebbe più adeguato, come affermano diversi teologi odierni
Né
nei vangeli –afferma
A. Amato–,
né nel
kerygma primitivo ci
sono testimonianze che fondano l’esistenza della fede da parte di Gesù Cristo. Gesù
ama, vede, conosce, prega, invoca il Padre, gli obbedisce. Egli, però, non “crede”
nel Padre, appunto perché è in intima e costante unione di visione con lui. Egli
pretende dagli altri la fede nel Padre
e in se stesso (cfe. Gv 14,1).
L’obbedienza filiale-kenotica di Gesù è, infatti, una obbedienza fiduciosa nei confronti del suo Padre. Tuttavia, per affermare la vera umanità di Gesù e la sua autentica esperienza religiosa personale, come vero uomo la cui disposizione fondamentale davanti al suo Padre amoroso è quella della fiducia e dell’abbandono, ci si deve, a nostro avviso, interrogare seriamente, come pensa giustamente von Balthasar, sul suo atteggiamento integrale nei confronti del suo Padre. E ciò per le ragioni seguenti:
Parlare dell’obbedienza di Gesù implica necessariamente un certo tipo di fede
(l’obbedienza di fede), perché non c’è
e non può esserci una vera-libera obbedienza senza fede ( La La fede di Gesù è certamente uno dei più importanti elementi del vero ed autentico umanizzarsi del Figlio di Dio davanti a Dio, il suo Padre, e davanti agli uomini, i suoi fratelli. Gesù non è soltanto la “causa” della fede (causa efficiente), ma è anche il suo esempio e il suo “modello archetipico” (causa
esemplare).
In questo senso la fede che ci salva e giustifica, infatti, non è semplicemente la
nostra fede in Gesù Cristo, ma è essenzialmente la fede di colui è l’iniziatore, l’autore,
il consumatore ed
il perfezionatore
di tale
fede (cfr. Eb 12,2)
La
In definitiva, la teologia sistematica ha la possibilità ed il compito di riscoprire la vera ed autentica umanità di Gesù di Nazareth e la sua autentica esperienza spirituale- religiosa personale anche nel campo della fede; poiché la fede “di” Gesù di Nazareth, il Figlio di Dio ed il Figlio dell’uomo, è il “fondamento fondante” della fede ecclesiale e personale “in” Gesù il Cristo. Nelle nostre future riflessioni, ci accingeremo a sviluppare questa proposta teologico-sistematica.
Questo articolo è frutto di una riflessione sviluppata all’interno di un seminario svolto nel ciclo dottorale all’Università Urbaniana a Roma, e di una ulteriore rielaborazione del suo contenuto nello svolgimento della docenza alla Universidad de San Buenaventura (Bogotá, Colombia).
Artículo de Reflexión
Francesco I, “Lettera enciclica
Romano Guardini è nato a Verona (Italia), nel 1885; ed è morto in Germania, nel 1968. Per una autobiografia, cfr. Guardini,
Hans Urs von Balthasar è nato a Lucerna (Svizzera), nel 1905; ed è morto nel 1988. Per ulteriori informazioni sulla vita e sulla opera di von Balthasar, cfr. Mondin,
Von Balthasar,
Per parlare qui della fede nell’ Antico Testamento e nel Nuovo Testamento, si serve principalmente della seguente bibliografia: Marconcini, “Fe”, 653-664; Duplacy, “Fe”, 327-335; Nieto, “Fe”, 436-442; Dheilly, “Fe”, 445-453; Wildberger, “Firme, seguro”, 276-319; Gerstenberger, “Confiar”, 439-446; Barth, “πίστις, εως, ή”, 942-961; von Balthasar,
Barth, “πίστις, εως, ή”, 944.
Alszeghy-Flick,
Marconcini, “Fe”, 653-664; Duplacy, “Fe”, 327-335; Nieto, “Fe”, 436-442; Dheilly, “Fe”, 445-453. Per altri elementi connessi alla questione della “fede”, come la gnosi/conoscenza (credere e conoscere), la visione (credere e vedere), le opere (credere e operare) ed il dono (credere quale opera-dono divino ed opera-ricerca umana), si può consultare Marconcini, “Fe”, 664-671.
Duplacy, “Fe”, 331-335; Marconcini, “Fe”, 667-668; Nieto, “Fe”, 436-442.
Wildberger, “Firme, seguro”, 276-319; von Balthasar,
Nieto, “Fe”, 438-441. Della possibilità o meno di basarsi sulle affermazioni bibliche per sostenere la fede “di” Gesù, si parlerà successivamente quando si presenta la tesi di von Balthasar a proposito della
Ibid., 440. La traduzione è nostra.
A proposito del metodo filosofico-teologico, delle opere e della cristologia di Guardini, cfr. Abdelmalak,
Una presentazione guardiniana integrale della fede nella sua genesi, nel suo rapporto con la conoscenza, l’azione, l’amore e la speranza, nelle sue crisi e nelle sue forme, e della relazione tra la fede e la Chiesa
(i dogmi ed i sacramenti), si trova in Guardini,
Idem,
Ibid., 62-63.
Idem,
Ibid., 98.
Idem,
Idem,
Ibid., 103-108.
Ibid., 109.
Idem,
Ibid., 61.
Ibid., 62.
Idem,
Idem,
Von Balthasar,
Guardini,
Ibid., 153.
Ibid., 192.
Ibid., 371.
Ibid., 405
Idem,
Idem,
Idem,
Cfr. principalmente idem,
Idem,
Idem,
Ibid., 253.
Idem,
Ibid., 58.
Idem,
Ibid., 93.
Ibid., 468-529.
Ibid., 233.
Ibid., 32.
Ibid., 506.
Ibid., 506-507.
Idem,
Ibid., 60.
Idem,
Tilliette, “La sesta beatitudine e il problema della ‘coscienza di Cristo’”, 30.
Nonis, “Il Cristo di Romano Guardini”, 116.
A proposito del metodo teologico, delle opere e della cristologia di von Balthasar, cfr. Abdelmalak, “
Cfr., per es., Rahner, “Considerazioni dogmatiche sulla scienza e coscienza di Cristo”, 199-238; Kasper,
Von Balthasar,
Ibid., 47-54.
Guardini,
Von Balthasar,
Guerriero,
Von Balthasar,
In tale fedeltà di Gesù al Padre e alla sua volontà, e nella sua
Von Balthasar,
Ibid., 59-62.
Facendo riferimento a Ernst Fuchs, von Balthasar afferma: “Dios dio la razón, mediante la resurrección, a esta fe de Jesús, regalando con ello esta fe a la comunidad creyente como una ‘fe che le favorece a esta’. Con esto quedan indicadas la cercanía y la distancia del cristianismo con respecto a Jesús: llegar a la fe significa ‘situarse ante Dios juntamente con el Jesús histórico’; significa ‘creer,
Ibid., 62-79.
Sayés,
Ibid., 268. La traduzione è nostra.
Ibid., 269-271.
Pontificia Commissione Biblica,
Amato,
Tale argomento era anche quello di San Tommaso. Al riguardo, cfr. Santo Tomás de Aquino,
Amato,
Guillet,
Bottoni, “La fede di Gesù e la fede in Gesù nel dialogo con le altre religioni”, 1.