Dal Codice del 1917 al Codice del 1983… e oltre*

Del Código de 1917 al Código de 1983... y otros

Universitas Canonica, vol. 35, no. 51, 2018

Pontificia Universidad Javeriana

Maria Maddalena Mazziaa a

Istituto Superiore di Scienze Religiose “Giovanni Paolo II”, Italia


Received: 13 August 2018

Accepted: 13 September 2018

Published: 30 December 2018

Sommario: Il diritto canonico è importante nella vita della Chiesa in quanto permette l’attualizzazione della dottrina. Si esaminano alcuni passaggi importanti dell’epoca moderna, partendo dalla codificazione del 1917, passando per il Codice del 1983 e arrivando ai giorni nostri, con alcune considerazioni per eventuali modifiche e aggiornamenti, in vista di un miglior servizio per il bene comune e la salvezza delle anime.

Parole:codificazione, riforma, diritto canonico.

Resumen: El derecho canónico es importante en la vida de La Iglesia ya que permite la materialización de la doctrina. Examinamos algunos pasajes importantes de la era moderna, comenzando con la Codificación de 1917, pasando por el Código de 1983 y llegando al día de hoy con algunas consideraciones para posibles cambios y actualizaciones, con miras a proveer un mejor servicio en pro del bien común y la salvación de las almas.

Palabras clave: codificación, reforma, derecho canónico.

Il Codice del 1917

La codificazione del 1917 è dovuta all’iniziativa di S. Pio X,[1] il quale, seguendo il suggerimento del giurista Pietro Gasparri (1852-1934), volle dare inizio all’opera con il Motu Proprio Arduum sane munus (Pius PP. X, 1905) del 19 marzo 1904.[2] L’immane lavoro fu terminato sotto il pontificato di Papa Benedetto XV,[3] che promulgò il primo Codex Iuris Canonici con la Costituzione Apostolica Providentissima Mater Ecclesia (Benedictus PP. XV, 27 maggio 1917). Era il 27 maggio 1917.

Il Codice del 1917 si presentava come una sintesi della legislazione antica, con gli opportuni adeguamenti.

La codificazione rappresentò senza dubbio un progresso della legislazione ecclesiastica sia per la sistematica che per la concisione, la chiarezza e la precisione terminologica, nonché per la elasticità e pieghevolezza che costituiscono una caratteristica delle leggi ecclesiastiche (Ciprotti, 1960, p. 239).

Come si arrivò al Codice del 1917?

Fin dai tempi più antichi nella Chiesa si erano moltiplicate le collezioni di canoni, realizzate per iniziativa privata, a volte contenenti norme contrastanti fra loro.

Il monaco Graziano[4] fece una sintesi di tutte le norme sparse nelle varie collezioni nella sua opera Concordia discordantium canonum, che fu poi chiamata Decretum Magistri Gratiani. Siamo intorno al 1140.

Il Decretum fu commentato sotto forma di Glossae dai cosiddetti glossatori, denominati decretisti.

Seguirono le cinque Compilationes antiquae, che organizzarono la materia in modo sistematico.

Papa Gregorio IX[5] pubblicò il Liber Extra, o Decretales Gregorii IX (1234), collezione alla quale fece seguito il Liber VI di Bonifacio VIII,[6] e la collezione di Clemente V,[7] promulgata da Giovanni XXII,[8] Clementinae (1317).

Seguono le collezioni private Extravagantes Ioanni XXII e Extravagantes communes, raccolte e ordinate sistematicamente da Jean Chappuis nel 1550 e nel 1503 (Stickler S.D.B., 1950, p. 270).

Intanto veniva realizzato il Corpus Iuris Civilis, con il quale si sistematizzava il diritto romano. Era composto da varie sezioni: Institutiones, Digesta, Codex, Authenticum (o Liber authenticorum o Novellae).

Sull’esempio della raccolta giustinianea si tentò una organizzazione del diritto in ambito ecclesiale, arrivando attraverso emendamenti e revisione delle precedenti collezioni alla redazione del Corpus Iuris Canonici, con Papa Gregorio XIII.[9]

Naturalmente l’attività normativa non si fermò in quanto si aggiunsero i decreti del Concilio di Trento (1545-1563) e i documenti dei Dicasteri della Curia.

Il Codice del 1917 mise ordine alle tante norme esistenti, in maniera organica e sistematica. Esso rappresentò, ovviamente, una opera eccellente per quei tempi, ma ad un certo punto si rese necessaria un processo di riforma per adeguarsi ai cambiamenti dell’epoca.

La revisione del Codice del 1917

L’annuncio della riforma del Codice del 1917 fu dato da Papa Giovanni XXIII[10] il 25 gennaio 1959, insieme con l’annuncio della convocazione del Concilio Vaticano II (Ioannes PP. XXIII, 25 gennaio 1959).

La riforma del Codice si rendeva necessaria a causa delle trasformazioni avvenute nel mondo contemporaneo e all’interno della stessa comunità ecclesiale.

Papa Giovanni XXIII, percependo questi segni dei tempi, indicò nel Sinodo Romano e nel Concilio Vaticano II due eventi che avrebbero preparato il lavoro di rinnovamento del Codice (Ioannis PP. XXIII, 25 gennaio 1959, p. 68).

Il 28 marzo 1963, dopo la prima Sessione del Concilio, si costituì la Commissione per la Revisione del Codice (“Note storiche”, 1964), inizialmente composta da quaranta Padri Cardinali (Pontificia Commissio Codici Iuris Canonici Recognoscendo, 1969, p. 35).

Quale Presidente di questa Commissione fu incaricato il Cardinale Pietro Ciriaci, che ricoprirà tale incarico dal 28 marzo 1963 al 30 dicembre 1966, data della sua morte (Sacra Congregazione dei Riti, 1967, p. 112).

Al Cardinale Ciriaci successe il Cardinale Pericle Felici, che sarà Propresidente dal 21 febbraio 1967 al 26 giugno 1967 (Pontificia Commissio Codici Iuris Canonici Recognoscendo, 1969, p. 35) e poi Presidente fino alla data della sua scomparsa, avvenuta il 22 marzo 1982 (Segreteria di Stato, 1982a, p. 520).

Il 17 maggio 1982 fu nominato Propresidente Mons. Rosalio José Castillo Lara, SDB (Segreteria di Stato, 1982b, p. 748), il quale ricoprirà tale incarico fino al termine dei lavori della Pontificia Commissione di Revisione del Codice, che praticamente coincide con l’istituzione della Pontificia Commissione per l’Interpretazione Autentica del Codice di Diritto Canonico, avvenuta in data 2 gennaio 1984 (Ioannes Paulus PP. II, 2 gennaio 1984).

L’incarico di Segretario della Commissione venne affidato al Rev.mo Giacomo Violardo (dal 28 marzo 1963 al 23 febbraio 1965), al quale succederanno nell’ordine i Rev.mi Raimondo Bidagor, S.J. (dal 24 febbraio 1965 al 1 novembre 1973), Willy Onclin, Segretario aggiunto (dal 17 novembre 1965 al 1 gennaio 1984) (Pontificia Commissio Codici Iuris Canonici Recognoscendo, 1969, pp. 35-36) e Mons. Rosalio José Castillo Lara, Segretario (dal 20 febbraio 1975 al 16 maggio 1982) (Segreteria di Stato, 1975, p. 160).

Il lavoro della Commissione per la Revisione del Codice si svolse in cinque grandi fasi, denominate Congregazioni Plenarie, che ora esamineremo.

Prima Congregazione Plenaria

La Prima Congregazione Plenaria della Commissione si tenne il 12 novembre 1963.

Dopo la relazione di Mons. Violardo, intorno al metodo seguito per la codificazione del 1917, si convenne di rimandare i lavori veri e propri al termine del Concilio Vaticano II (Pontificia Commissio Codici Iuris Canonici Recognoscendo, 1969, p. 36).

Il 17 aprile 1964 il Papa Paolo VI[11] aggiunse alla Commissione costituita da Papa Giovanni XXIII settanta membri Consultori per il lavoro di revisione (Pontificia Commissio Codici Iuris Canonici Recognoscendo, 1969, p. 35).

Il 6 maggio 1965 il Presidente della Commissione, Cardinale Pietro Ciriaci, convocò i Consultori in una sessione privata e affidò al loro studio tre questioni fondamentali: la prima riguardava la necessità o meno di preparare uno o due Codici, il Latino e l’Orientale, più un Codice Fondamentale; la seconda era sulla redazione di un ordine di lavoro, indicante il metodo con il quale la Commissione ed i suoi organismi dovevano procedere; la terza verteva sul modo in cui dividere il lavoro delle varie sottocommissioni (Pontificia Commissio Codici Iuris Canonici Recognoscendo, 1969, p. 37).

Si costituirono tre Commissioni Preparatorie, con carattere provvisorio. I membri eletti furono 9 per la prima Commissione, avente come Relatore il Rev.do P. Daniel Faltin, 13 per la seconda, con Relatore il Rev.do D. Aurelio Sabattani, e 15 per la terza, con Relatore il Rev.do P. Giuseppe Rousseau (Pontificia Commissio Codici Iuris Canonici Recognoscendo, 1969, p. 37).

Le Commissioni prepararono precise relazioni, poi trasmesse a tutti i membri (Codex Iuris Canonici, 1983, p. XXIV).

Il 20 novembre 1965 il Papa Paolo VI celebrò l’inaugurazione effettiva dei lavori, alla presenza dei Padri Cardinali, degli Officiali e dei Consultori (Paulus PP. VI, 20 novembre 1965).

Nella sua Allocuzione il Papa, in primo luogo, ricordò che il diritto canonico deriva dalla natura stessa della Chiesa, dalla potestà di giurisdizione conferita dal Fondatore, Gesù Cristo, ed ha come fine la salvezza delle anime. Trattò, quindi, della necessità del diritto nella Chiesa, della storia del diritto e della sua evoluzione, dell’adeguarsi della disciplina della Chiesa alle varie condizioni della realtà. Il Papa pose, infine, i principi fondamentali da tenere presenti nella revisione del Codice, affermando che il Codice di Diritto Canonico adempie la funzione di guida, mentre il Concilio Vaticano II in certo qual modo espone le linee del nuovo lavoro.[12]

In seguito il Sommo Pontefice interverrà ancora con discorsi e consigli, richiamando queste disposizioni ai membri della Commissione e seguendo costantemente il loro lavoro.

Seconda Congregazione Plenaria

La Seconda Congregazione Plenaria si svolse il 25 novembre 1965.

I membri della Commissione furono invitati dal Presidente a risolvere i problemi preliminari in rapporto alla necessità di preparare uno o due Codici, di cui uno per la Chiesa Latina ed uno per le Chiese Orientali. Era da discutere, inoltre, la questione se non fosse conveniente che si redigesse un Codice comune e fondamentale, il quale contenesse il diritto costitutivo della Chiesa. Infine oc-correva stabilire il metodo da seguire nei lavori (Pontificia Commissio Codici Iuris Canonici Recognoscendo, 1969, p. 42).[13]

Il 15 gennaio 1966 fu inviata dal Card. Ciriaci una lettera a tutti i Presidenti delle Conferenze Episcopali, per coinvolgere nel lavoro di revisione tutto l’Episcopato, oltre ai Dicasteri della Curia Romana, le Università e Facoltà ecclesiastiche, l’Unione dei Superiori Generali. Si chiese, a tal proposito, di segnalare canonisti idonei a partecipare come Consultori ai lavori della Commissione e di fornire suggerimenti circa la revisione del Codice (Pontificia Commissio Codici Iuris Canonici Recognoscendo, 1969, pp. 42-43).

Nello stesso mese di gennaio 1966 furono costituiti dieci gruppi di studio, ai quali furono affidati, per l’approfondimento, i seguenti argomenti: Normae generales Codicis, Clerici, Religiosi, Laici, Ius Sacramentale, Ius matrimoniale in particulari, Magisterium ecclesiasticum, Bona temporalia, Ius processuale, Ius poenale. Fu anche costituito un “Coetus Coordinationis” al quale furono assegnate questioni pertinenti alla legge fondamentale della Chiesa. Nel corso dell’anno seguente, inoltre, furono costituiti altri gruppi di studio (Pontificia Commissio Codici Iuris Canonici Recognoscendo, 1969, p. 44).

Dal 30 settembre al 4 ottobre 1967 durante la Prima Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, furono discussi e approvati dieci principi generali, da tenere presenti in tutto il lavoro di revisione. Il testo di tali principi era stato preparato dal gruppo centrale, o di coordinazione, dei Consultori (Pontificia Commissio Codici Iuris Canonici Recognoscendo, 1969, pp. 77-85).

I principi direttivi concernevano:

Da questi principi risultava chiaramente la necessità di applicare in ogni parte la dottrina ecclesiologica del Concilio Vaticano II, dottrina che richiama non solo alle dimensioni esterne e sociali del Corpo Mistico di Cristo, ma anche alla sua vita intima.[18]

Precedendo di pochi giorni lo svolgimento della Terza Congregazione Plenaria, dal 20 al 25 maggio 1968 si svolse un Congresso Internazionale organizzato dalla Segreteria della Pontificia Commissione per la Revisione del Codice, che ebbe un notevole influsso sulla revisione stessa, in quanto furono trattati temi di importanza notevole, quali: rapporto tra teologia e diritto canonico, personalità canonica, munus regendi e potestà di giurisdizione, foro interno, principio di sussidiarietà in diritto canonico, concetto e nozione di stato religioso sotto l’aspetto giuridico e storico, consenso matrimoniale sotto l’aspetto teologico e giuridico (Pontificia Commissio Codici Iuris Canonici Recognoscendo, 1968).

Terza Congregazione Plenaria

Il 28 maggio 1968 ci fu la Terza Congregazione Plenaria. Lo schema del nuovo Ordine sistematico del Codice, preparato dal competente gruppo di Consultori, era stato inviato ai Padri Cardinali il 20 aprile precedente. Nel corso della sessione plenaria, dopo la relazione del Presidente e la discussione, si votò per l’approvazione dello schema e l’esito della votazione fu: “placet n. 27; non placet n. 1; placet iuxta modum n. 12” (Pontificia Commissio Codici Iuris Canonici Recognoscendo, 1969, p. 44).

Dopo la Terza Congregazione sono approntati e inviati per la consultazione vari schemi, secondo il seguente ordine: nel 1972 lo schema “De procedura administrativa”; nel 1973 lo schema “De sanctionibus in Ecclesia”; nel 1975 lo schema “De Sacramentis”; nel 1976 lo schema “De modo procedendi pro tutela iurium seu de processibus”; nel 1977 lo schema “De institutis vitae consecratae per professionem consiliorum evangelicorum” (Codex Iuris Canonici, 1983, p. XXVI).

Quarta Congregazione Plenaria

Si arriva così alla Quarta Congregazione Plenaria, tenutasi dal 24 al 27 maggio 1977 durante la quale ci si occupò dello stato dei lavori e di due specifici argomenti, il diritto matrimoniale ed il diritto penale (Pontificia Commissio Codici Iuris Canonici Recognoscendo, 1977, pp. 62-82).

Successivamente a questa furono inviati per la consultazione ulteriori schemi, vale a dire i seguenti: “De normis generalibus”; “De Populo Dei”; “De Ecclesiae munere docendi”; “De locis et temporibus sacris deque cultu divino”; “De iure patrimoniali Ecclesiae” (Codex Iuris Canonici, 1983, p. XXVI).

Si raccolsero le osservazioni, si esaminarono e, dopo opportuna sintesi e coordinamento, si giunse all’elaborazione di uno schema dell’intero Codice, che porta la data del 29 giugno 1980 (Pontificia Commissio Codici Iuris Canonici Recognoscendo, 1980). Lo schema fu mandato ai Padri della Commissione per le osservazioni.

Intanto la Commissione fu aumentata di un gran numero di Padri, scelti da tutta la Chiesa, sia Cardinali sia Arcivescovi e Vescovi, ed il numero totale dei membri della Commissione salì in questo modo a 74 (Pontificium Consilium de Legum Textibus Interpretandis, 1991).

Le osservazioni pervenute dai membri della Commissione sullo schema del 1980 furono studiate e discusse dalla Segreteria della Commissione, con l’ausilio di Consultori esperti nelle materie di cui si trattava.

La sintesi di tutte le osservazioni e delle risposte date dalla Segreteria e dai Consultori fu raccolta in un volume, che avrebbe costituito la base dell’ulteriore discussione (Pontificia Commissio Codici Iuris Canonici Recognoscendo, 1981).

Quinta Congregazione Plenaria

Dal 20 al 29 ottobre 1981 si svolse la Quinta Congregazione Plenaria.

Dopo aver discusso tutte le questioni proposte, la Commissione stabilì di presentare il testo emendato e corretto al Santo Padre.

Si giunse così allo schema definitivo, datato il 25 marzo 1982 (Pontificia Commissio Codici Iuris Canonici Recognoscendo, 1982), che fu presentato al Papa Giovanni Paolo II[19] il 22 aprile 1982 (Codex Iuris Canonici, 1983, p. XXIX).

Il Papa si pose allo studio del testo insieme con un gruppo limitato di esperti. Il gruppo era formato, oltre che dalle Ecc.ze Rev.me Mons. Eduardo Martínez Somalo, Arcivescovo titolare di Tagora, Sostituto della Segreteria di Stato, e Mons. Rosalio José Castillo Lara, Arcivescovo titolare di Precausa, Propresidente della Pontificia Commissione per la Revisione del Codice di Diritto Canonico, anche da Sua Ecc.za Rev.ma Mons. Zenon Grocholewski, Vescovo titolare di Agropoli, Segretario del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, Mons. Edward Egan, Prelato Uditore della Sacra Romana Rota, Mons. István Mester, Officiale Maggiore di 2ª classe della Sacra Congregazione per il Clero, P. Xavier Ochoa, C.M.F., P. Luis Diez García, C.M.F., P. Ugo Betti, O.F.M. e Sac. Eugenio Corecco (D’Ostilio, 1983).

Fu quindi consultato ancora una volta l’Episcopato, per eventuali ulteriori proposte o suggerimenti.

Le osservazioni pervenute dai Vescovi di tutto il mondo furono esaminate dallo stesso gruppo di esperti.

Successivamente un’altra Commissione ristretta esaminò ancora una volta i problemi speciali riguardanti lo schema e le osservazioni non accolte dagli esperti. Essa era formata da: Em.za Rev.ma Card. Agostino Casaroli, Segretario di Stato, Em.za Rev.ma Card. Joseph Ratzinger, allora Prefetto della Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede,[20] Em.za Rev.ma Card. Narciso Jubany Arnau, Arcivescovo di Barcellona, Ecc.za Rev.ma Mons. Vincenzo Fagiolo, Arcivescovo di Chieti (D’Ostilio, 1983).

Dopo quest’ultima revisione di tutto lo schema, il Papa Giovanni Paolo II decise di promulgare il Codice.

La promulgazione avvenne il 25 gennaio 1983, esattamente dopo 24 anni dall’annuncio della revisione fatto dal Papa Giovanni XXIII (Ioannes Paulus PP. II, 25 gennaio 1983).

Nella Costituzione Apostolica Sacrae disciplinae leges, del 25 gennaio 1983 (Ioannes Paulus PP. II, 25 gennaio 1983, pp. VII-XIV), con la quale viene promulgato il Codice, il Papa Giovanni Paolo II afferma che tale promulgazione riveste un “carattere primaziale”, in quanto espressione dell’autorità pontificia, ma riflette anche la “sollecitudine collegiale” per la Chiesa di tutto l’Episcopato, quale frutto di una “collaborazione collegiale”.[21]

Circa la natura stessa del Codice di Diritto Canonico, inoltre, il Romano Pontefice richiama tutto il patrimonio di diritto contenuto nel Vecchio e Nuovo Testamento e il collegamento tra diritto e carattere salvifico del messaggio evangelico. Fine del diritto è creare ordine nella vita, individuale e sociale, e nell’attività stessa della Chiesa.[22]

Questo Codice corrisponde alla dottrina ecclesiologica del Concilio Vaticano II e cerca di tradurre tale dottrina in linguaggio canonistico.[23]

Alla presentazione del nuovo Codice alla Curia Romana, agli studiosi e ai rappresentanti di tutto il mondo culturale, il 3 febbraio 1983, il Sommo Pontefice poneva, a conclusione del suo discorso, come un ideale triangolo, quasi ad indicare il posto del diritto nella Chiesa. Affermava espressamente il Sommo Pontefice:

In alto, c’è la Sacra Scrittura; da un lato, gli Atti del Concilio Vaticano II e, dall’altro lato, il nuovo Codice Canonico. E per risalire ordinatamente, coerentemente da questi due Libri, elaborati dalla Chiesa del secolo XX, fino a quel supremo ed indeclinabile vertice, bisognerà passare lungo i lati di un tale triangolo senza negligenze ed omissioni, rispettando i necessari raccordi: tutto il Magistero - intendo dire - dei precedenti Concili Ecumenici ed anche (omesse, naturalmente, le norme caduche ed abrogate) quel patrimonio di sapienza giuridica, che alla Chiesa appartiene. (Pontificia Commissio Codici Iuris Canonici Recognoscendo, 1983)

Il Codice del 1983

Giovanni Paolo II afferma, a proposito del Codice del 1983, in un discorso del 21 novembre 1983 “È il Codice del Concilio, e, in questo senso, è l’ultimo documento conciliare, il che indubbiamente costituirà la sua fortuna e il suo valore, la sua unità e il suo irraggiamento” (Ioannes Paulus PP. II, 21 novembre 1983). Lo stesso Giovanni Paolo II dirà del Codice: “Ultimo documento conciliare, il Codice sarà il primo a inserire tutto il Concilio in tutta la vita” (Ioannes Paulus PP. II, 9 dicembre 1983).

La Costituzione Apostolica di promulgazione inizia con le parole “sacrae disciplinae leges”, indicanti la sacra disciplina della Chiesa cattolica. L’uso dell’aggettivo “sacro” ci fa immediatamente capire che l’ambito in cui ci troviamo è diverso da un ambito meramente civile. Il Codice riguarda la missione salvifica della Chiesa, così come le è stata affidata dal Fondatore, Gesù Cristo.

Nel Codice trova attuazione ed emerge la dottrina che vede la Chiesa come Popolo di Dio e comunione, l’autorità come servizio, il popolo di Dio come partecipe della triplice funzione di Cristo, sacerdote, re e profeta. Vengono esposti i diritti e doveri dei fedeli e l’impegno per l’ecumenismo.

Il Codice risulta uno strumento necessario nella vita della Chiesa in quanto la Chiesa è una compagine visibile e sociale ed è quindi importante rendere chiara la sua struttura gerarchica e organica, organizzare l’esercizio della sacra potestà e l’amministrazione dei sacramenti, regolamentare le relazioni fra i fedeli e le varie iniziative per una vita cristiana più perfetta.

Ovviamente si esige l’osservanza delle norme, l’obbligo morale di metterle in pratica in vista della salvezza delle anime, che è la suprema legge della Chiesa (can. 1752).

Norme generali

Il libro I° tratta di norme di carattere generale e tecniche, necessarie per la comprensione e l’applicazione di tutta la disciplina canonistica.

Il Codice è suddiviso in successione in Libri, Parti, Sezioni o Titoli o Capitoli, Articoli e per ultimo in Canoni. I Canoni si suddividono in Paragrafi, Paragrafi e Numeri, o Numeri.

Canone, secondo gli scrittori ecclesiastici, indica una regola o norma e, nel nostro caso, indica ogni singola disposizione del Codice contrassegnata da un numero progressivo. [24]

I canoni iniziali si riferiscono all’estensione del Codice, ai rapporti con altre legislazioni, ai diritti acquisiti e ai privilegi delle persone fisiche e giuridiche ed alla precedente normativa consuetudinaria e legislativa.

Il Codice riguarda i fedeli di rito latino (can. 1). Per i fedeli delle Chiese orientali si applica il Codice dei canoni delle Chiese Orientali.

Il Codice non regola la liturgia, che ha apposite norme nel diritto liturgico (can. 2).

Viene stabilito che restano in vigore gli accordi internazionali già esistenti, anche se in contrasto con qualche norma del Codice, in virtù del fatto che ciò che fu stabilito in accordo fra due parti non può essere modificato unilateralmente (can. 3).

Per i diritti acquisiti e i privilegi (can. 4) si stabilisce che permangono, salvo contraria disposizione del Codice.

Nel diritto canonico hanno forza di legge le consuetudini che non siano contrarie al diritto e che siano ritenute cogenti dal popolo di Dio o dalla comunità dei fedeli che le ha indotte. Esse rappresentano la modalità con cui il popolo di Dio mette in pratica le leggi canoniche e costituiscono un principio di interpretazione (can. 5).

Al can. 6 si regola il rapporto del Codice con la precedente legislazione.

Si tratta di un canone di estrema importanza per la certezza del diritto che si deve osservare. Si stabilisce che è abrogato il Codice precedente, con le relative Risposte Autentiche e tutto ciò che ne è derivato. Per quanto riguarda le leggi non contenute nel Codice si stabilisce che sono abrogate per tutto ciò che risulta contrario al Codice, salvo qualche eccezione espressa per le leggi particolari. Tuttavia il patrimonio legislativo precedente conserva un suo valore a livello di aiuto nell’interpretazione della legge.

Dopo i canoni iniziali si tratta delle Leggi ecclesiastiche, dalla promulgazione alle condizioni di sudditanza, fino alla cessazione.

La Legge è una norma di carattere generale data dalla competente autorità per il bene comune. Nella Chiesa il bene comune e il bene del singolo fedele coincidono, in quanto per la Chiesa il fine ultimo è la salvezza delle anime, non solo dei fedeli, ma di tutti gli uomini (can. 7).

L’autorità competente è il soggetto attivo della legge. Per esempio il Romano Pontefice ha competenza per la Chiesa universale oltre che per le Chiese particolari, per i raggruppamenti di Chiese particolari e per gli Istituti Religiosi clericali di diritto pontificio e per le Società di vita apostolica clericali di diritto pontificio. Il Vescovo diocesano avrà competenza per la Chiesa particolare soltanto.

Una volta promulgata la legge, normalmente, c'è una vacatio legis di tre mesi dalla data di pubblicazione sulla rivista ufficiale Acta Apostolicae Sedis, salvo diversa disposizione (can. 8).

Sono tenuti ad osservare le leggi ecclesiastiche tutti i fedeli, cioè coloro che abbiano ricevuto il battesimo, abbiano l’uso di ragione e abbiano compiuto i sette anni. Il fedele è liberato dall’osservanza della legge per l’impossibilità di porre l’atto o per ignoranza, inavvertenza, errore.

Chiaramente la legge universale obbligherà su tutto il territorio della Chiesa, mentre la legge particolare obbligherà solo i fedeli appartenenti ad un determinato territorio.

Nel Libro I° si parla poi degli atti amministrativi.

Dal can. 96 inizia la trattazione delle persone fisiche e giuridiche.

Mediante il battesimo si riceve la personalità giuridica fondamentale, si acquisiscono i diritti e i doveri e la capacità di esercitare diritti e doveri.

Viene considerato maggiorenne colui che ha compiuto 18 anni d’età.

Successivamente vengono regolate le persone giuridiche, che perseguono interessi e scopi collettivi, sono soggetti di diritti e obblighi che corrispondono alla loro natura, sono costituite da una pluralità di persone o da una complesso di beni, che opera con capacità giuridica propria, per l’attuazione di fini comuni.

Alle disposizioni sulle persone giuridiche seguono quelle sugli atti giuridici. Si tratta di una materia che interessa molto anche il diritto civile, in modo particolare per ciò che riguarda i beni temporali.

Dal can. 129 si tratta della potestà di governo, cioè del potere pubblico della Chiesa di dirigere autoritativamente i fedeli del popolo di Dio verso il fine soprannaturale ad essa proprio, per volontà del suo fondatore Gesù Cristo. La potestà di governo fa parte della potestà sacra, che unisce in sé le funzioni di insegnare, santificare e governare. È stato Cristo stesso a dotare la sua Chiesa dello strumento adatto per conseguire sulla terra il fine soprannaturale, dando ai suoi ministri la sua potestà, che perciò è soprannaturale per l’origine, il fine e la sua stessa natura.

Soggetti attivi e capaci della potestà di governo sono coloro che sono insigniti dell’ordine sacro. I laici possono essere assunti, qualora risultino abili, in quegli uffici ecclesiastici ed incarichi che sono in grado di esercitare, secondo le disposizioni del diritto. I laici hanno una potestà ecclesiastica di cooperazione con i chierici.

Infine vengono trattati, sempre nel Libro I° gli uffici ecclesiastici, la prescrizione e il computo del tempo.

Il Popolo di Dio

Il libro II° è quello che più riflette la Costituzione conciliare Lumen gentium( Sacrosanctum Concilium Oecumenicum Vaticanum II, 30 gennaio 1965), è il libro fondamentale che rappresenta l’essere della Chiesa. Tratta del Popolo di Dio, formato da tutti i battezzati, ed enuncia alcuni principi fondamentali, ovvero il principio di uguaglianza (tutti i battezzati sono ugualmente chiamati alla santità ed alla missione salvifica della Chiesa) ed i modi e le forme per raggiungere la santità, che sono diversi a seconda degli stati e delle condizioni di vita, che si realizzano in vocazioni particolari e specifiche.

Definito che il fedele è colui che è congiunto a Cristo ed è membro della Chiesa, che è il suo Corpo mistico, vediamo che si possono verificare i casi di apostasia, ripudio totale della fede cristiana, eresia, ostinata negazione, dopo aver ricevuto il battesimo, di una qualche verità che si deve credere per fede divina e cattolica o il dubbio ostinato su di essa, e scisma, rifiuto della sottomissione al Sommo Pontefice o della comunione con i membri della Chiesa.

I fedeli educati nell’eresia e nello scisma, in buona fede, sono detti fratelli separati.

I catecumeni sono coloro che si preparano a ricevere il battesimo ed aspirano ad esso.

Nella Chiesa si possono verificare i seguenti stati canonici: Chierici (ordinati), Consacrati (chierici ordinati o laici di istituti religiosi), Laici (tutti i battezzati non ordinati).

Tutti i fedeli, sia chierici che laici, hanno alcuni obblighi e alcuni diritti.

Il primo dovere è quello di essere in comunione con la Chiesa, poi di condurre una vita santa, di collaborare all’attività missionaria, di obbedire ai propri Pastori, di sovvenire alle necessità materiali della Chiesa e tenere conto del bene comune della Chiesa.

Fra i diritti c’è quello di ricevere i mezzi necessari alla santità, specie per ciò che riguarda la predicazione della Parola di Dio e i Sacramenti, il diritto di fondare associazioni, di esercitare personalmente l’apostolato, il diritto all’istruzione e all’educazione cristiana, alla giusta libertà nella ricerca teologica, alla libera scelta del proprio stato, all’integrità della buona reputazione e alla tutela della propria intimità, il diritto di rivendicare e difendere i propri diritti.

Gli obblighi e i diritti dei fedeli traducono il rinnovamento della Chiesa, mentre nel Codice del 1917 si parlava di laici solo per proibire di parlare in Chiesa e di indossare abiti ecclesiastici.

Il Concilio Vaticano II ha operato una notevole rivalutazione del laicato. Dall’insieme degli insegnamenti del Concilio si ricava che la missione della Chiesa non si identifica con quella della gerarchia, che il laico è il cristiano completo, che fa parte del popolo di Dio, è partecipe dell’ufficio sacerdotale, profetico e regale di Cristo ed è corresponsabile, coinvolto nella missione di tutta la Chiesa. Il ministero del laico ha come peculiarità propria l’indole secolare ed è diverso da quello dei sacerdoti e dei consacrati. La vocazione del laico è cercare il Regno di Dio trattando le cose temporali e ordinandole secondo Dio. Inoltre, è proprio del laico essere implicato nei doveri ed affari del secolo, nella condizione di vita familiare e sociale, nell’esercizio del proprio lavoro. Il laico vive nel mondo e deve santificare se stesso e il mondo.

Il laico ha dunque una duplice funzione: nella Chiesa partecipare alla missione di questa diffondendo il Regno di Dio; nel mondo realizzare la missione di edificazione del Regno di questa terra, secondo il progetto di Dio.

In questo contesto il Codice presenta una serie di diritti e doveri dei fedeli laici (artt. 224-231).

Viene poi esaminata anche la vocazione – chiamata e ammissione agli ordini sacri.

Il sacerdozio si giustifica in forza del rapporto ontologico di servizio che lo orienta verso il sacerdozio comune e, quindi, si autogiustifica nella misura in cui crea comunione con Cristo e con i fratelli, cioè garantisce ad ogni fedele l’esercizio dei suoi diritti – doveri. I ministri ordinati sono segno e strumento di Cristo nella sua qualità di Capo della Chiesa e, in quanto agenti in nome della Chiesa, partecipi di una sacramentalità a livello personale e di una rappresentanza autentica di speciale densità salvifica.

Il carattere ministeriale sacramentale esige la santità. Il presbitero è dunque l’uomo della fedeltà e della pazienza, fedeltà alle scelte fondamentali e pazienza come serena accettazione di sé e degli altri.

Nel libro II° si parla quindi della perdita dello stato clericale, delle prelature personali e delle associazioni dei fedeli.

Si tratta quindi di gerarchia. Il termine gerarchia nella Chiesa indica non tanto una identificazione tra strutture ecclesiali e appartenenza gerarchica, quanto piuttosto la considerazione che ogni espressione della vita ecclesiale, e in questo caso le strutture e i ministeri ecclesiali, mantiene un necessario e costante riferimento all’elemento gerarchico, che ne garantisce l’unità nella pluralità, senza esaurirne il significato e i compiti.

La suprema autorità della Chiesa è il Sommo Pontefice. Il Papa è Vescovo della Chiesa che è in Roma, successore di Pietro, nel senso che in lui rimane l’ufficio concesso dal Signore a Pietro, primo degli apostoli e trasmesso ai suoi successori, Capo del Collegio dei Vescovi, Vicario di Cristo, Pastore universale.

La potestà del Pontefice è ordinaria, cioè annessa all’ufficio, suprema, non ve n’è un’altra superiore, piena, cioè ha in sé tutto ciò che è necessario per l’esercizio dell’ufficio, immediata, cioè senza intermediari, universale.

Il Collegio dei Vescovi, formato da tutti i Vescovi con a capo il Papa, è tenuto a difendere l’unità della fede e la disciplina comune in tutta la Chiesa, istruire i fedeli nell’amore di tutto il Corpo Mistico di Cristo, specialmente delle membra povere, sofferenti e di quelle che sono perseguitate a causa della giustizia e, infine, promuovere ogni attività comune alla Chiesa, specialmente procurare che la fede cresca e nasca per tutti gli uomini la luce della verità.

Il Concilio Ecumenico è la riunione del Collegio dei Vescovi per discutere e decidere vari problemi che riguardano il bene della Chiesa universale.

Il Sinodo dei Vescovi è un gruppo di Vescovi, scelti dalle diverse regioni del mondo, che si riuniscono in tempi prestabiliti, per favorire una stretta unione fra il Romano Pontefice e i Vescovi e per prestare allo stesso Romano Pontefice la loro collaborazione mediante consigli o pareri sui problemi per i quali vengono chiamati a consultazione. Mentre il Collegio dei Vescovi risale alla volontà di Cristo, da cui riceve direttamente la potestà, il Sinodo è tra gli organismi di istituzione puramente ecclesiastica e quindi umana.

I Cardinali rappresentano i più stretti collaboratori del Papa. Inizialmente con questo termine venivano designati i chierici che erano incardinati, cioè stabilmente legati e dediti al servizio di una determinata chiesa. Poi l’appellativo fu riservato ai membri del presbiterio romano perché essi erano addetti al servizio della Chiesa Lateranense, la cattedrale del Vescovo di Roma, cardine, punto di incontro e di unione di tutte le chiese del mondo, di cui essa è la madre.

Compito dei Cardinali è l’elezione del Romano Pontefice. Inoltre essi assistono il Pontefice nel suo lavoro di pastore universale.

Il Papa è anche assistito e coadiuvato dalla Curia Romana, che si può definire come l’insieme di persone e di organismi di cui il Papa si serve per espletare i problemi quotidiani connessi con la sollecitudine verso tutta la Chiesa.

I rapporti con le società civili sono curati dai Legati del Romano Pontefice, che svolgono primariamente una funzione di unione fra le Chiese particolari ed il Papa.

Le Chiese particolari sono porzioni della Chiesa universale, nelle quali esiste la sola e unica Chiesa cattolica.

Elemento costitutivo della Chiesa particolare è una porzione del popolo di Dio, affidata al Vescovo, per mezzo del quale è inserita nella successione apostolica e quindi è congiunta a Cristo.

Si parla quindi di Diocesi e di Parrocchia.

La Diocesi è affidata al Vescovo, che, attraverso gli uffici di insegnare, santificare e reggere, consegue il fine di realizzare pienamente il sacerdozio di Cristo.

I Vescovi di tutte le Chiese particolari di una determinata nazione si riuniscono in conferenza episcopale, per cercare e concordare insieme forme e metodi di apostolato.

In ogni Diocesi è costituita la Curia diocesana, che ha il compito di aiutare il Vescovo nel governo della diocesi.

La Parrocchia è una determinata comunità di fedeli, costituita nell’ambito di una Chiesa particolare, stabilmente, la cui cura pastorale è affidata ad un Parroco.

La funzione di insegnare

Il Libro III° del Codice tratta della funzione di insegnare della Chiesa, che precede la funzione di santificare, attraverso l’annuncio e l’educazione alla fede e la catechesi.

Il compito di evangelizzare è di tutti i battezzati, non riguarda solo la gerarchia, ma anche i laici. I ministri sacri hanno il compito di predicare la parola con autorità, mentre i laici sono chiamati ad evangelizzare soprattutto con la testimonianza della vita.

La Chiesa custodisce la verità religiosa (il deposito della fede), evita cioè che siano oscurati o deformati il senso materiale ed il senso formale, tutelandone la purezza.

La Chiesa annuncia ed espone fedelmente la verità, in virtù del mandato divino di andare ed ammaestrare tutte le genti, sempre ed ovunque ed in piena libertà.

Nel Titolo I° si parla della Parola divina e dell’annuncio del Vangelo, che comprende la predicazione della Parola di Dio e l’istruzione catechetica.

Soggetti tenuti alla funzione di insegnare sono il Romano Pontefice, il Collegio dei Vescovi, il Vescovo diocesano, i presbiteri, i diaconi, i membri degli istituti di vita consacrata e i laici, questi ultimi in forza del battesimo e della confermazione sono testimoni dell’annuncio evangelico con la parola e la testimonianza di vita cristiana.

La catechesi è la forma di evangelizzazione che alimenta la fede dei credenti. Non si ferma ai sacramenti, interessa tutti i membri della chiesa, a cominciare dai genitori.

La finalità della catechesi è la comunicazione della fede.

Nel Titolo II° si tratta dell’azione missionaria della Chiesa.

Nel Titolo III° si prende in esame l’educazione cattolica. Con l’educazione cattolica, che trova nella scuola uno dei suoi momenti privilegiati, il lieto annunzio della salvezza penetra la vita, trasmettendole una specifica concezione del mondo, dell’uomo e della storia. Tre sono i principi fondamentali espressi nel Codice.

Il primo è il diritto – dovere dei genitori di educare i figli e di scegliere quei mezzi e quelle istituzioni, attraverso i quali possano provvedere nel modo più appropriato all’educazione cattolica dei figli.

Il secondo principio affermato nel Codice è il diritto – dovere della Chiesa di aiutare i genitori nel loro compito educativo, perché gli uomini siano in grado di pervenire alla pienezza della vita cristiana. Questo diritto – dovere riguarda quindi sia l’educazione religiosa, sia quella in materie non religiose.

Il terzo principio affermato è il diritto – dovere dello Stato circa la scuola. Tale diritto – dovere è sussidiario, suppletivo, delegato.

Scopo essenziale dell’educazione (can. 795) è lo sviluppo armonico della persona umana. La formazione integrale della persona si sviluppa in due direzioni, una verticale, in ordine al suo fine ultimo, ed una orizzontale, in ordine al bene comune della società. Gli scopi immediati dell’educazione sono: l’evoluzione equilibrata delle doti fisiche, morali ed intellettuali; l’acquisizione di un maggior senso di responsabilità ed un retto uso della libertà; la formazione per partecipare attivamente alla vita sociale.

Il Codice presenta l’educazione cristiana come un diritto dei fedeli, con cui possono essere formati a conseguire la maturità della persona umana e contemporaneamente a conoscere e a vivere il mistero della salvezza.

Si parla, anche, del diritto della Chiesa di fondare e dirigere scuole. Tale diritto della Chiesa è fondato sul mandato di Cristo di annunziare il mistero della salvezza a tutti gli uomini. L’esercizio di tale diritto difende la libertà di coscienza, i diritti dei genitori, e prova che il monopolio statale è privo di fondamento, in quanto il potere civile, il cui fine è attuare il bene temporale, deve riconoscere la vita religiosa dei cittadini e favorirla. I fedeli sono esortati a sostenere le scuole cattoliche, soprattutto per venire incontro alle famiglie prive di mezzi.

Nel Libro III° si regolano altresì le università, i mezzi di comunicazione sociale e i libri.

La funzione di santificare

Nel Libro IV si espone la funzione di santificare della Chiesa.

In questo ambito si tratta dei sacramenti, segni e mezzi capaci di santificare, cioè di iniziare e condurre a compimento la comunione di vita con Dio nella fede e di instaurare, confermare e esprimere la comunione ecclesiastica.

Il Battesimo è la porta dei sacramenti, è necessario di fatto o almeno di desiderio per la salvezza, libera dai peccati e rigenera a figli di Dio, conforma indelebilmente a Cristo, e perciò rende partecipi dei suoi uffici e della sua missione, incorpora alla Chiesa.

La Cresima è il sacramento che conferisce al fedele una nuova e stabile consacrazione, mediante la sua partecipazione al mistero pasquale di Cristo, imprimendo il carattere, cioè qualificando ontologicamente l’essere e l’agire del fedele nel popolo di Dio.

Ai Confermati competono obblighi e doni di grazia: ricevono il dono dello Spirito, sono costituiti in una nuova condizione ecclesiale, diventano soggetti attivi della missione. Pertanto, ai Confermati spetta l’obbligo di testimoniare con le parole e con le opere.

L’Eucaristia è atto di Cristo e azione vitale della Chiesa, esprime la centralità della dimensione “sacrificale”, perpetua il sacrificio della Croce, è fonte e culmine della vita cristiana, è segno efficace dell’unità e della costruzione del Popolo di Dio – Corpo mistico di Cristo.

Il sacramento della Penitenza è il sacramento che rivela l’amore di Dio, che chiama l’uomo a partecipare alla Sua vita divina e ve lo introduce, su questa terra attraverso la comunione di fede e nella vita eterna attraverso la comunione beatifica.

L’Unzione degli Infermi è il sacramento che porta a compimento tutta la vita cristiana. Conforma i fedeli alla morte e resurrezione di Cristo ed è destinato a confortare coloro che sono nella malattia.

Il sacramento dell’Ordine costituisce i ministri sacri.

Il Matrimonio fu istituito dal Creatore affinché con l’unione dell’uomo e della donna si realizzasse la legge divina e da Cristo Signore fu elevato alla dignità di sacramento.

I beni temporali, le sanzioni, i processi

Il Codice di diritto canonico non poteva non regolare le questioni più strettamente materiali quali quelle riguardanti i beni temporali della Chiesa. La materia viene trattata in pochi canoni ed è importante perché sottolinea l’importanza da parte dei fedeli di provvedere al sostentamento della Chiesa, dei suoi ministri e delle sue opere. Nello stesso tempo si accentua il fine spirituale degli uffici ecclesiastici e si procede ad una equa distribuzione dei beni, tenendo presente il fine ultimo della salvezza delle anime. I beni temporali sono un mezzo per la realizzazione della missione affidata alla Chiesa da Gesù Cristo.

Il Libro VI riguarda le sanzioni e mette in evidenza lo spirito evangelico, di misericordia e perdono, e la necessità della salvezza come libera adesione al progetto di Dio, che si realizza in una società gerarchicamente strutturata in cui è necessaria la presenza di un diritto, anche penale.

Da ultimo troviamo le norme di diritto processuale necessarie per risolvere le controversie e garantire l’osservanza della legge e propriamente la salvezza delle anime, che rimane il fine ultimo.

… e oltre

Il Codice del 1983 ha cercato di attuare in qualche modo il Concilio Ecumenico Vaticano II e rispondere alle attese del popolo di Dio.

Sono trascorsi trentasei anni dalla sua promulgazione e tanti cambiamenti sono avvenuti sia nella società, sia nella Chiesa. Numerosi sono stati gli interventi legislativi per risolvere situazioni nuove e per adeguarsi ai tempi.

Fin da subito si provvide ad alcune necessarie correzioni.[25]

Si rese necessario, ben presto, apportare un chiarimento al can. 1388 sulla confessione.[26]

Giovanni Paolo II, successivamente, aggiunse alcune norme per imporre il dovere di osservare le verità proposte in modo definitivo dal Magistero della Chiesa, modificando il can. 750, nonché il can. 1371 del Codice di Diritto Canonico (oltre ai rispettivi canoni del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali) (Ioannes Paulus PP. II, 18 maggio 1998).

In seguito, per garantire l’unità dottrinale e la finalità pastorale delle norme del Codice, Benedetto XVI apportava alcune modifiche e integrazioni ai cann. 1008 e 1009, chiarendo il ruolo dei diaconi. Nello stesso tempo aboliva un inciso, a proposito del sacramento del matrimonio, riguardante il formale atto di separazione dalla Chiesa Cattolica, che aveva provocato non pochi problemi pastorali, nei cann. 1086 § 1 (impedimento per disparità di culto), 1117 (forma canonica del matrimonio) e 1124 (matrimoni misti) (Benedictus PP. XVI, 8 gennaio 2010).

Di grande impatto e rilevanza è stata la riforma al processo canonico introdotta da Papa Francesco[27] nel 2015 (Franciscus PP, 15 agosto 2015). Tale riforma è stata di recente oggetto del discorso di Papa Francesco alla Conferenza Episcopale Italiana, durante il quale il Papa ha espresso rammarico per la non ancora completa attuazione della riforma stessa (Francesco, 20 maggio 2019).

Al fine di favorire i rapporti fra gli appartenenti alle Chiese orientali e alla Chiesa latina si è reso necessario l’adeguamento di alcune norme (in particolare i cann. 111, 112, 535, 868, 1108, 1109, 1111, 1112, 1116, 1127) (Franciscus PP, 31 maggio 2016).

Con il Motu proprio Magnum principium si è chiarita la collaborazione che deve esserci fra la Sede Apostolica e le Conferenze Episcopali a proposito delle traduzioni e gli adattamenti dei libri liturgici, modificando il can. 838 (Franciscus PP, 3 settembre 2017).

Per i titolari di alcuni uffici di nomina pontificia è stato modificato il procedimento della rinuncia a motivo dell’età, previsto dal can. 189 (Francesco, 12 febbraio 2018).

Infine Papa Francesco ha modificato il can. 694 e il can. 729, regolamentando l’assenza illegittima prolungata dalla casa religiosa di un membro dell’istituto (Franciscus PP, 19 marzo 2019).

Alcune considerazioni

Se la Chiesa è una realtà vivente non può non confrontarsi con la realtà che la circonda.

L’avvento delle nuove tecnologie, il progresso scientifico, il problema ecologico, la crisi della famiglia, gli squilibri economici e sociali interpellano la Chiesa che non può rimanere ancorata al passato, ma deve affrontare le nuove sfide.

Il diritto canonico ha un ruolo fondamentale nel rendere la Chiesa al passo con i tempi.

Un rinnovamento sistematico del Codice di diritto canonico si palesa necessario per risolvere dubbi e contraddizioni, che potrebbero sorgere da riforme frammentarie, e rispondere alle nuove esigenze del Popolo di Dio.

Un sano discernimento in momenti di crisi e confusione potrebbe rappresentare un tempo di crescita per tutto il popolo di Dio che si trova a volte a vivere periodi di inquietudine.

Nell’accogliere le nuove sfide, tenendo presente quanto di buono ed efficace proviene del passato, si potrà arrivare ad un rinnovamento utile al perseguimento di quello che resta e resterà sempre il fine ultimo, cioè la salvezza delle anime.

Quello che occorre sempre tenere presente nell’accostarsi al diritto canonico è che la sua particolarità sta nel riuscire a tenere insieme il rigore del diritto con la dolcezza della misericordia. Nella storia del diritto canonico questo principio è stato affermato e va sempre tenuto presente.

Un aspetto da non trascurare è quello riguardante i diritti umani, l’uguaglianza e la dignità di tutti gli esseri umani. E’ una sfida da affrontare in modo sempre più ampio, anche per essere di esempio agli ordinamenti civili.

Sarebbe utile approfondire il diritto di famiglia, con le tante sollecitazioni provenienti dai cambiamenti in corso. Le ultime consultazioni sulla famiglia hanno visto emergere tante situazioni nuove. Un intervento legislativo unitario sia sul matrimonio che sulla famiglia sarebbe certamente di aiuto a tanti fedeli.

Un altro punto da affrontare è quello delle nuove forme associative nella Chiesa che non sono previste nel Codice.

Occorre anche tener conto delle situazioni che si vengono a creare in contesti completamente diversi e permettere una maggiore contestualizzazione del diritto nelle Chiese locali.

Per una revisione

Secondo l’analisi condotta da J. Hortal la struttura stessa del Codice comprende diversi difetti, fra cui in primo luogo quello di non avere alcun libro con un titolo su “La funzione di governare”. Afferma Hortal (2016):

Il libro quinto comprende solo una parte di questa funzione ecclesiale, ossia quella relativa all’amministrazione dei beni temporali. Questa limitazione si deve al fatto che tutto il trattato sulla gerarchia ecclesiastica è stato anticipato nella seconda parte del libro secondo (“La costituzione gerarchica della Chiesa”), con una sistematizzazione per lo meno discutibile. Perché non separare questa parte e collocarla come libro quarto, inglobandovi anche quello attuale sui beni temporali? (pp. 42-43)

Altro aspetto discutibile, secondo Hortal (2016), è la collocazione della trattazione sugli istituti di vita consacrata nel libro secondo:

Non sembra, infatti, che questa sia una struttura fondamentale del popolo di Dio, per cui, per istituzione divina, si dovrebbe fare la distinzione soltanto fra chierici e laici. A nostro modo di vedere, la vita consacrata non è una struttura costitutiva, bensì un mezzo speciale per realizzare la comune vocazione alla santità. Perciò dovrebbe essere focalizzata all’interno del libro quarto, su “La funzione di santificare”. Apparirebbe così più chiaro che i religiosi e i membri di altri modi di vita consacrata non sono un genere intermedio tra chierici e laici, ma un modo specifico di tendere verso la stessa perfezione di santità alla quale sono chiamati tutti quanti i fedeli. (p. 43)

G. Nedungatt (2016) pone tre questioni importanti alla base della necessità di una riforma: la prima riguarda il primato del papa così come attualmente regolato e le varie situazioni limite che potrebbero venire a crearsi e per le quali il Codice non si pronuncia (si veda ad es. il caso di un coma irreversibile che duri svariati anni); la seconda riguarda il celibato sacerdotale, obbligatorio nella Chiesa cattolica, facoltativo nelle chiese orientali e non cattoliche, la terza riguarda il ruolo delle donne all’interno della Chiesa.

Secondo S. Demel (2016) sono necessarie alcune modifiche concrete riguardanti i fedeli laici: più diritti esecutivi ai laici nei servizi e negli uffici ecclesiastici, più diritti di parola degli organi rappresentativi dei laici nelle decisioni, più diritti di co-decisione dei laici nelle riunioni sinodali.

Ci si chiede:

Non si riesce a capire perché si sia instaurata e perché tuttora permanga una dualità di documenti della Chiesa universale come, da una parte, il Codice di diritto canonico e, dall’altra, il Catechismo della Chiesa cattolica, entrambi per indicare ai fedeli la loro identità, i loro diritti e i loro doveri. Non sarebbe più comprensibile che ci fosse a tale riguardo un solo documento ecclesiale? A meno di pensare che il Codice di diritto canonico contenga l’indicazione dei diritti e dei doveri dei fedeli, mentre, in aggiunta, il Catechismo della Chiesa cattolica offra una esplicitazione, appunto catechistica, di tali realtà. (Coccopalmeiro, 2017)

Recentemente in relazione al problemi degli abusi sessuali si è ipotizzata una riforma che permetta di dichiarare nulla l’ordinazione episcopale, sacerdotale o diaconale di coloro che hanno compiuto pratiche omosessuali o che hanno commesso violenze sessuali. Ha affermato Bernard Callebat:

La procedura esiste già, ma una sua più frequente messa in atto permetterebbe di escludere in maniera definitiva i soggetti maggiormente colpevoli. La questione è la seguente: i disordini dell’affettività dirimono in maniera incontestabile la facoltà di discernimento di coloro che si presentano per ricevere il Sacramento dell’ordine. Questa questione riguarda l’assenza di libertà interiore della cui presenza evidentemente occorre assicurarsi nel giorno dell’ordinazione. Questa riforma sopprimerebbe, lo ripetiamo, l’ambiguità della sanzione attuale, dettata della riduzione allo stato laicale, formula impropria perché il colpevole non è ridotto allo stato laicale: semplicemente esso è sospeso dai suoi doveri clericali, pur conservando il suo status clericale e la facoltà stessa, in caso di necessità o in pericolo di morte, di esercitare ancora un incarico religioso. (Affejee, 2019)

Il Codice di diritto canonico ha in sé tanta saggezza, ma alcune innovazioni, come abbiamo sinteticamente visto, andrebbero fatte nel senso di aiutare i fedeli a praticare gli insegnamenti della Chiesa e a non essere invece di ostacolo, imponendo pesi impossibili da portare. Su questa strada, a nostro parere, si muove il Magistero di Papa Francesco, in maniera da fare emergere il volto della Chiesa Madre e Maestra.

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Pontificia Commissio Codici Iuris Canonici Recognoscendo. (29 giugno 1980). Schema Codicis Iuris Canonici. Iuxta animadversiones S.R.E. Cardinalium, Episcoporum Conferentiarum, Dicasteriorum Curiae Romanae, Universitatum Facultatumque ecclesiasticarum necnon Superiorum Institutorum vitae consecratae recognitum (Patribus Commissionis reservatum). Città del Vaticano: Libreria Editrice Vaticana.

Pontificia Commissio Codici Iuris Canonici Recognoscendo. (1981). Relatio. Complectens synthesim animadversionum ab Em. mis atque Exc. mis Patribus Commissionis ad novissimum Schema Codicis Iuris Canonici exhibitarum, cum responsionibus a Secretaria et consultoribus data (Patribus Commissionis stricte reservata). Città del Vaticano: Typis Polyglottis Vaticanis.

Pontificia Commissio Codici Iuris Canonici Recognoscendo. (25 marzo 1982). Codex Iuris Canonici. Schema novissimum postconsultationem S.R.E. Cardinalium, Episcoporum Conferentiarum, Dicasteriorum Curiae Romanae, Universitatum Facultatumque ecclesiasticarum necnon Superiorum Institutorum vitae consecratae recognitum, iuxta placita Patrum Commissionis deinde emendatum atque Summo Pontifici praesentatum. Città del Vaticano.

Pontificia Commissio Codici Iuris Canonici Recognoscendo. (25 gennaio 1983). Promulgazione e presentazione ufficiale del Codice di Diritto Canonico. Città del Vaticano.

Pontificium Consilium de Legum Textibus Interpretandis. (1991). Acta et documenta Pontificiae Commissionis Codici Iuris Canonici Recognoscendo. Congregatio Plenaria. Diebus 20-29 octobris 1981 habita. Città del Vaticano: Typis Polyglottis Vaticanis.

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Segreteria di Stato. (1975). Diarium Romanae Curiae. Acta Apostolicae Sedis (AAS), anno e volume 67, 160. Recuperato da http://www.vatican.va/archive/aas/documents/AAS-67-1975-ocr.pdf

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Stickler S.D.B., A. F. (1950). Historia Iuris Canonici Latini: Institutiones academicae I .Historia fontium). Torino: Augustae Taurinorum.

Notes

1 S. Pio X di Riese (Treviso), Giuseppe Sarto, 4, 9 agosto 1903-20 agosto 1914 (fu bea-tificato il 3 giugno 1951, canonizzato il 29 maggio 1954).

2 L’idea della codificazione fu suggerita dal Card. Gasparri a Pio X il giorno stesso in cui questi fu eletto papa, il 4 agosto 1903, e Pio X la decise pochi giorni dopo, dopo consultazione con il Card. Gennari (Ciprotti, 1960, p. 237).

3 Benedetto XV, Genovese, Giacomo della Chiesa, 3, 6 settembre 1914-22 gennaio 1922.

4 Monaco camaldolese del convento di San Felice a Bologna, vissuto probabilmente fra il 1151 e il 1159 (Bonilis, s. f.).

5 Gregorio IX, di Anagni, Ugolino dei conti di Segni, 19, 21 marzo 1227-22 agosto 1241.

6 Bonifacio VIII, di Anagni, Benedetto Caetani, 24 dicembre 1294, 23 gennaio 1925-11 ottobre 1303.

7 Clemente V, Francese, Bertrando de Got, 5 aprile, 14 novembre 1305-20 aprile 1314.

8 Giovanni XXII, di Cahors, Giacomo Duèse, 7 agosto, 5 settembre 1316-4 dicembre 1334.

9 Gregorio XIII, Bolognese, Ugo Boncompagni, 13, 25 maggio 1572-10 aprile 1585.

10 Giovanni XXIII, di Sotto il Monte (Bergamo), Angelo Giuseppe Roncalli, 28 ottobre, 4 novembre 1958-3 giugno 1963.

11 Paolo VI, di Concesio (Brescia), Giovanni Battista Montini, 21, 30 giugno 1963-6 agosto 1978. 12 “... Codex Iuris Canonici veluti ducis munere fungitur et Concilium Vaticanum Secundum quasi lineamenta praebet operis novi” (Paulus PP. VI, 20 novembre 1965, p. 988).

13 In particolare le questioni proposte erano: “I. An conficere expediat unum vel duplicem Codicem Iuris Canonici, distinctum pro Orientalibus et pro aliis, simul cum aliquo Codice Fundamentali. II. An possit esse basis studii Codicis Fundamentalis textus in prima Relatione propositus. III. An parandus sit Ordo quo labores procedant sicut in secunda Relatione indicatur. IV. An et quomodo approbanda sit divisio materiae pertractandae prout in tertia Relatione suggeritur”.

19 Giovanni Paolo II, di Wadowive (Krakow), Karol Wojtyla, 16, 22 ottobre 1978-2 aprile 2005.

20 Benedetto XVI, di Marktl am Inn (Baviera), Joseph Ratzinger, 19, 24 aprile 2005-28 febbraio 2016.

24 Cănōn, ŏnis, m., 1) norma, regola, misura, Plin.; 2) canone, imposta annua, Spart. Sev. 8; 3) l'insieme dei libri sacri, riconosciuti ispirati dalla Chiesa (Castiglioni e Ma-riotti, 1972).

25 Correzioni del 22/9/1983 in Codex Iuris Canonici (1983, pp. 321-324); del 21/11/1988, in Ioannes Paulus PP. II (21 novembre 1988, p. 1819).

27 Francesco, di Buenos Aires (Argentina), Jorge Mario Bergoglio, 13 marzo 2013, Pa-store universale della Chiesa.

12 “... Codex Iuris Canonici veluti ducis munere fungitur et Concilium Vaticanum Secundum quasi lineamenta praebet operis novi” (Paulus PP. VI, 20 novembre 1965, p. 988).

14 “Indolem dicimus iuridicam quam postulat ipsa natura socialis Ecclesiae, quae in potestate iurisdictionis, ab ipso Christo hierarchiae tributae, fundatur” (Pontificia Commissio Codici Iuris Canonici Recognoscendo, 1969, p. 78).

15 “In iure condendo Codex non tantum iustitiam sed sapientem aequitatem colat, quae fructus est benignitatis et caritatis, ad quas virtutes exercendas Codex discretionem atque scientiam Pastorum et iudicum excitare satagat” (Pontificia Commissio Codici Iuris Canonici Recognoscendo, 1969, p. 79).

16 “Et quoniam non omnes eamdem functionem in Ecclesia habent, neque idem statutum omnibus convenit, merito proponitur ut in futuro Codice ob radicalem aequalitatem quae inter omnes christifideles vigere debet, tum ob humanam dignitatem tum ob receptum baptisma, statutum iuridicum omnibus commune condatur, antequam iura et officia recenseantur quae ad diversas ecclesiasticas functiones pertinent” (Pontificia Commissio Codici Iuris Canonici Recognoscendo, 1969, pp. 82-83).

17 “Proclamari oportet in iure canonico principium tutelae iuridicae aequo modo applicari superioribus et subditis, ita ut quaelibet arbitrarietatis suspicio in administratione ecclesiastica penitus evanescat” (Pontificia Commissio Codici Iuris Canonici Recognoscendo, 1969, p. 83).

18 “… manifesto patet necessitas applicandi passim doctrinam de Ecclesia a Concilio Vaticano II enucleatam, quippe quae statuat ut non solum ad externas ac sociales Corporis Christi Mystici rationes, verum etiam ac praecipue ad eius vitam intimam attendatur” (Codex Iuris Canonici, 1983, p. XXIII).

21 “Codicem itaque hodie promulgantes, Nos plane conscii sumus hunc actum a Nostra quidem Pontificis auctoritate proficisci, ac proinde induere naturam primatialem. Attamen pariter conscii sumus hunc Codicem, ad materiam quod attinet, in se referre collegialem sollicitudinem de Ecclesia omnium Nostrorum in Episcopatu Fratrum; quinimmo, quasi ex quadam similitudine ipsius Concilii, idem Codex habendus est veluti fructus collegialis cooperationis, quae orta est ex expertorum hominum institutorumque viribus per universam Ecclesiam in unum coalescentibus” (Ioannes Paulus PP. II, 25 gennaio 1983, p. X).

22 “… finem Codicis minime illum esse, ut in vita Ecclesiae christifidelium fides, gratia, charismata ac praesertim caritas substituantur. Ex contrario, Codex eo potius spectat, ut talem gignat ordinem in ecclesiali societate, qui praecipuas tribuens partes amori, gratiae atque charismati, eodem tempore faciliorem reddat ordinatam eorum progressionem in vita sive ecclesialis societatis, sive etiam singulorum hominum, qui ad illam pertinent” (Ioannes Paulus PP. II, 25 gennaio 1983, p. X).

23 “… certo quodam modo, novus hic Codex concipi potest veluti magnus nisus transferendi in sermonem canonisticum hanc ipsam doctrinam, ecclesiologiam scilicet conciliarem” (Ioannes Paulus PP. II, 25 gennaio 1983, p. X-XI).

26 “Firmo praescripto can. 1388, quicumque quovis technico instrumento ea quae in Sa-cramentali Confessione, vera vel ficta, a se vel ab alio peracta, a confessario vel a poeni-tente dicuntur, captat, aut communicationis socialis instrumentis evulgat, in excommu-nicationem latae sententiae incurrit” (Congregatio pro Doctrina Fidei, 23 settembre 1988).

* Articolo di reflessione

Author notes

a Autore di corrispondenza. Posta elettronica: mariamaddalenamazzia@gmail.com

Additional information

Come citare questo articolo: Mazzia, M. M. (2018). Dal Codice del 1917 al Codice del 1983… e oltre. Universitas Canónica, 35(51). https://doi.org/10.11144/Javeriana.ucan35-51.dcdc

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